Tlc fra fusioni e meno debito, gran riscossa 19/07/2025 12:56 |
![]() Descrizione al grafico: Se sarà vera gloria lo si capirà con il tempo. Per le Tlc è però il momento di appuntarsi al petto una medaglia per nulla scontata, anzi controintuitiva rispetto alle tematiche che portano al centro dell’attenzione il settore, costretto ad alzare la voce contro lacci e lacciuoli che da Bruxelles in giù rischiano di togliere ossigeno.
Guardando alla Borsa, oggi le Tlc sembrano vivere un’altra vita. Un settore finora sinonimo di investimenti pesanti, regolazioni punitive e crescita anemica è alle prese con numeri in crescita che per alcuni equivalgono al preludio di una possibile nuova era, per altri a una riscoperta, ma di sicuro rappresentano una cesura rispetto agli ultimi anni. L’indice SXKP – barometro delle telco europee – ha una capitalizzazione di mercato di 294 miliardi di euro ed è salito del 13% da inizio anno (inclusi dividendi in euro) contro un mercato (SXXP) cresciuto del 10%, secondo le elaborazioni di Deutsche Bank Research. Ma il dato diventa ancora più eloquente escludendo i produttori di apparecchiature (Ericsson a -19,25% e Nokia -2,77% da inizio anno alla chiusura di ieri) e le towerco (Cellnex 6,62% e Inwit a +5,65%). Escludendo queste, le telco “pure” sono aumentate del 18% quest’anno. Descrizione per watch list o operatività: Il nuovo volto delle Tlc
«Stiamo ricevendo molte richieste di aggiornamenti e di approfondimenti per meglio capire il settore», spiega al Sole 24 Ore Robert Grindle di Deutsche Bank Research.Deutsche Bank a dicembre aveva pubblicato un report dal titolo sicuramente evocativo: “Outlook 2025: Return of the bond proxy”. Insomma Tlc come sinonimo di azioni sicure. Tutto questo dopo un 2024 “fuori copione” per le telecom europee: mentre i fari erano puntati su intelligenze artificiali e chip quantistici, le telco hanno iniziato a dare segnali di risveglio. E anche se il multiplo EV/Ebitda del comparto resta intorno a 6/7x (contro i 15x dei titoli growth), Deutsche Bank già nel suo report di dicembre si diceva convinta che gran parte dello sconto fosse più frutto di abitudini mentali che di reali debolezze.Per capire i termini della questione occorre rivolgere lo sguardo indietro. Da venticinque anni l’Europa ha seguito una dottrina economica fondata sulla concorrenza ad ogni costo. La liberalizzazione delle Tlc, iniziata con entusiasmo negli anni Novanta, ha prodotto reti duplicate, margini sottili e una rincorsa tecnologica spesso più formale che strategica. Ma ora, sotto traccia, il paradigma sta cambiando.
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Cosa è successo, dunque, per permettere di invertire il trend? «Le valutazioni delle telco – aggiunge Grindle – erano diventate troppo basse. Le spese in conto capitale hanno smesso di aumentare e, per alcuni operatori, con il completamento dell’installazione della fibra sono cominciate a scendere. Allo stesso tempo sono cresciute le aspettative sul consolidamento. Inoltre il mondo è diventato molto meno prevedibile, con dazi commerciali e geopolitica che influenzano altri settori molto più delle telco, che controllano direttamente la propria produzione e le proprie catene di approvvigionamento all’interno dei Paesi».
Insomma la lunga stagione degli investimenti infrastrutturali – quella delle maxi-spese in fibra e torri – volge al termine. Questo significa più cassa, meno debito e bilanci più leggeri. Poi c’è la mano del regolatore europeo, che pare oggi più disponibile a valutare fusioni e consolidamenti: una svolta che potrebbe cambiare le regole del gioco.
La corsa di Tim
Il titolo che nell’indice ha più “strappato” è quello di Telecom Italia: +64,4% da inizio anno alla chiusura di ieri, a 40,6 centesimi. Quando tra il 18 e il 21 marzo l’allora primo azionista Vivendi è sceso dal 24,75% al 18,37% delle ordinarie vendendo sul mercato, il titolo ordinario valeva 29 centesimi (al 21 marzo). Il 29 marzo Vivendi ha poi ceduto ai blocchi a Poste il 15% di Tim ordinarie, incassando 684 milioni a un prezzo di 29,75 centesimi. La sera di venerdì 28 marzo l’azione Tim sfiorava i 31,3 centesimi. Ben sotto il livello attuale.
«Il titolo – commenta Giorgio Tavolini di Intermonte – ha beneficiato dell’uscita di Vivendi, dell’ingresso di Poste come primo azionista e della riduzione della leva finanziaria grazie alla cessione della rete a Kkr e di Sparkle. Un buon contributo è arrivato anche da Tim Brasil». In questo quadro «restano attuali le prospettive di consolidamento domestico con Iliad o di accordi di Ran sharing per ridurre capex e ottimizzare le infrastrutture attive in vista del rollout del 5G standalone. Senza contare il canone di concessione, la cui visibilità circa i tempi di incasso è ancora limitata, ma potrebbe aprire la strada ad operazioni di semplificazione della struttura del capitale e potenzialmente al pagamento di dividendi arretrati sulle azioni di risparmio».
Il consolidamento (e non solo)
Se su Tim si è ridotto lo sconto sulla governance che storicamente aveva appesantito il titolo, in generale le attese di consolidamento pesano molto nel “risveglio” delle Tlc europee in Borsa. «E questo soprattutto laddove venissero approvati accordi sulla falsariga di quanto accaduto nel Regno Unito, con l’imposizione di rimedi comportamentali anziché strutturali, come la cessione di spettro o asset a nuovi entranti», aggiunge Tavolini.
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